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ToggleL’hashish, a differenza della cannabis che di norma si presenta sotto forma di infiorescenze essiccate, può avere aspetti differenti a seconda di come viene estratto. Può assumere diverse colorazioni e può avere una consistenza morbida, semi morbida o dura. In poche parole l’hashish non è altro che resina di piante di cannabis allo stato puro, un composto vegetale che contiene una percentuale di THC molto alta.
Al giorno d’oggi l’hashish è un prodotto legale, libero di essere acquistato e consumato e ha una storia antichissima, sacra e multiculturale. La sua storia è legata anche all’argomento droghe, essendo riconosciuta sostanza psicoattiva, sopra certi limiti di THC, e quindi proibita dalla Single Convention on Narcotic Drugs, nella lunga lista stilata dalle Nazioni Unite. Ma Riavvolgiamo per un attimo il nastro immaginario del tempo e torniamo nel X secolo, in Arabia.
In questo periodo e in questa zona gli storici attestano i primi ritrovamenti residuali della presenza di hashish. Anche il nome indica un’origine “arabeggiante” essendo il nome “hashish” un adattamento anglofono dall’arabo ḥašīš (“erba”). Non a caso l’hashish deriva dalla pianta erbacea della cannabis, si tratta nello specifico della sua resina, che viene estratta, compressa e/o purificata. In questa prima fase della storia dell’hashish, il prodotto era legale e molti sceicchi e signori dell’epoca, all’interno delle proprie corti, ne sponsorizzavano l’utilizzo e la diffusione, e furono gli stessi signori arabi a scoprire il funzionamento psicoattivo di tali sostanze.
In realtà su questa teoria della storia sulle origini dell’hashish il dibattito è ancora aperto: alcuni storici ritengono che l’atto natio spetti agli arabi, altri invece spingono per una teoria “dell’importazione”, ovvero che gli arabi abbiano conosciuto l’hashish grazie a culture limitrofe, in particolare quella dei Sufi persiani, con lo sceicco Haidar a far da apripista e “mercante” del prodotto presso i vicini arabi.
Prova documentale che la sostanza fosse conosciuta in Arabia già tra il X e l’XI secolo arriva dalla letteratura orientale: nel classico Le mille e una notte la novella Racconto del mangiatore di hashish cita proprio la sostanza per le sue proprietà immaginative e palliative. Poi le guerre e l’allargamento degli imperi fecero il resto facilitando la diffusione del prodotto: le conquiste delle tribù mongole di Genghis Khan portarono l’hashish dal Medio Oriente alla Russia e all’Asia Centrale. Dalle steppe degli Zahr e attraverso le reti commerciali internazionali tra Oriente e Occidente sempre in maggiore espansione, l’arrivo dell’hashish in Europa fu un passaggio semplicemente consequenziale.
La storia dell’hashish ha avuto spesso a che fare con le conquiste di abili condottieri (Genghis Khan e le dinastie degli Zarh) tra cui anche il più noto, storicamente parlando, tra i condottieri e imperatori europei in epoca illuminista e pre-rivoluzionaria: Napoleone Bonaporte.
Nel 1798 Napoleone, con il suo esercito, invade l’Egitto. La cultura islamica non permette ai suoi adepti l’uso di alcool che è, in quell’epoca, pressoché introvabile. Così le truppe francesi come sostitutivo all’ansia cercano (e trovano) conforto nell’hashish. Napoleone è furibondo con i suoi accusandoli di lassismo e decide di proibire la sostanza, sia alle truppe francesi che alle popolazioni autoctone.
Ma la legge non ne fermerà l’utilizzo e soprattutto la diffusione nel vecchio continente. In Europa, e specie in Francia, a inizio XIX secolo l’hashish diventa un prodotto di comune utilizzo tra artisti, scrittori e musicisti dell’epoca. Jacques J. Moreau fu il primo, tra gli europei, a dedicargli un libro dal titolo Hashish e alienazione mentale. Il dott. Moreau, geniale quanto bizzarro psichiatra, aveva viaggiato in lungo e in largo per tutto l’Oriente dove aveva conosciuto gli effetti psicotropi dell’hashish. Convinto che l’assunzione di tale sostanza potesse spiegare i vari stadi della follia svolse un esperimento empirico su di sé da cui trasse successivamente le riflessione trascritte nella sua opera di maggior successo sopracitata.
Tolto di mezzo il capitolo napoleonico il commercio e il consumo di hashish resta legale in tutta Europa fino al 1894. Da lì in poi la storia dell’hashish subisce un decisivo sconvolgimento: l’avanzare dell’industria farmaceutica e dell’Occidente capitalista demonizzano la cannabis come prodotto medicinale e palliativo, rendendo la pianta illegale e, di conseguenza, anche il consumo di hashish diventa vietato in quanto prodotto derivato. (Per saperne di più sulla storia del proibizionismo della Cannabis leggi il nostro articolo sul Proibizionismo della Cannabis.)
L’hashish può essere prodotta in svariati modi. Per cominciare: l’hashish è un prodotto solido, compatto, che viene creato a partire dalla solidificazione dei tricomi resinosi della pianta della canapa. Il prodotto finale può essere fumato o utilizzato in cucina. Solitamente ha valori di THC compresi tra il 5% e il 40% e percentuali di CBD, valori che sono superiori rispetto alla cannabis tradizionale.
Fare l’hashish è facile, o per lo meno il risultato è ottenibile anche attraverso vari metodi che definiremo “casalinghi”:
il metodo finger è probabilmente quello più antico. Molto banalmente si tratta di strofinare la resina dei tricomi ben visibile sopra le infiorescenze con le dita. Una volta “strofinata” va raschiata dalle proprie dita fino a creare tanti “sassolini” resinosi che sono hashish; oppure simile al metodo finger è la laminazione a mano: un processo di conversione dei fiori in hashish attraverso lo sfregamento delle infiorescenze fra le mani, fino a ritrovarsi i palmi completamente appiccicati dalla sostanza resinosa di color metallo. Il laminato a mano è stato probabilmente il metodo più usato nell’antichità per fare l’hashish. Ma non solo: persino le famose Temple Balls (le famigerate palle di hashish nepalese che spopolavano nella cultura hippies degli anni ’60 e ’70) venivano fatte a mano, trasformando l’hashish dei monti nepalesi e poi tirate a lucido con una strofinatura manuale, per lisciare il prodotto finito.
Fare l’hashish attraverso la compressione a caldo: nulla di difficile. Basta munirsi di una piastra per capelli, di una pergamena o carta oleata e metterci in mezzo il germoglio con le infiorescenze, infine pressare con la piastra calda. Ciò favorisce la liquefazione della resina che poi verrà estratta dalla carta oleata e compattata;
Come si produce dal kief? il kief è polvere di tricomi che si sedimenta sul fondo del grinder o ad arnesi simili utilizzati per sfaldare le infiorescenze. Tale polvere, dal colore pallido perché si tratta di materia ormai ossidata, può essere facilmente trasformata in hashish sfruttando il calore delle dita. Effetto simile ma in maggiori quantità rispetto a un grinder lo si può ottenere utilizzando un setaccio su cui “shakerare” i tricomi. Un effetto di sfaldatura migliore lo si ottiene se prima della setacciatura si mettono in congelatore le infiorescenze, oppure in un semplice secchio con ghiaccio, perché il raffreddamento del fiore facilita lo sfaldamento della polvere del kief. In scala industriale i produttori utilizzano un meccanismo elettrico a rotazione, tipo “lavatrice”, che favorisce la separazione della polvere dei tricomi dalle infiorescenze.
Tanta resina si accumula sulle forbici utilizzate per tagliare le piante al momento della raccolta. La resina in eccesso va raschiata dalle forbici, dopodiché è possibile realizzare la propria forma di hashish. In questo caso la freschezza delle sostanze terpeniche appena raccolte conferiscono qualità eccezionali al prodotto;
Come accennavo, i metodi per produrre hashish dalla pianta di canapa sono molti. Qui vi abbiamo elencato quelli che a nostro modo di vedere sono i più fruibili anche per la larga platea di coltivatori occasionali. Fare hashish in casa è facile, basta sapere quali sono le tecniche per produrre hashish homemade.
Anche in questo caso, esistono svariati modi e teorie su come fumare hashish senza tabacco o con l’aggiunta di tabacco, mettendo hashish nel vaporizzatore o nella pipetta, oppure in una classica canna.
Il primo passo, a ogni modo, è quello di dividere l’hashish in tanti piccoli frammenti e poi ammorbidire il pezzo prescelto finché la consistenza da solida diventa morbida e via via sempre più friabile. Una volta diventato friabile si piò inserire la sostanza nella pipetta di vetro, oppure all’interno di una cartina o nel braciere di un bong, o sul chiodo dei dab rig.
Altro metodo meno convenzionale, ma molto usato in passato per fumare hashish è quello del hot-knifing (coltello a caldo): si prende il pezzo di hashish e lo si mette in mezzo a due lame roventi. La sostanza comincia immediatamente a fumare e, attraverso una pipetta/cannuccia (rigorosamente di metallo, non utilizzare la plastica che è dannosa!), si cattura il fumo dando dei tiri inspirando come quando si beve una bevanda.
Altro metodo antico è quello del bicchiere e sottobicchiere: per sperimentarlo prendere un bicchiere, uno spillo, un sotto bicchiere di sughero (più sottile possibile). Lo spillo entra attraverso il sottobicchiere, sopra lo spillo si appunta il pezzo di hashish, lo si riscalda e quando inizia a fumare si copre il tutto con il bicchiere di vetro. A quel punto si infila la cannuccia nel sottobicchiere e si comincia a ispirare.
Si può anche fumare l’hashish nel vaporizzatore. Il vaporizzatore per hashish è un comune vaporizzatore, lo stesso che si utilizza per le cime. Attenzione però alla tipologia di vaporizzatore di cui si è in possesso: non tutti sono adatti ai concentrati; per cui prima di vaporizzare bisognerà aggiungere delle cime sbriciolate. È importante ricordarsi che l’hashish a differenza dei fiori vaporizza a una temperatura più elevata (oltre i 200° C). Ci sono anche metodi da bandire e che sconsigliamo solennemente: ovvero fumare hashish creando un braciere con la carta stagnola, o tirare dalla bottiglia di plastica con due fori.
I tipi di hashish sono innumerevoli e ognuno ha molteplici differenze rispetto agli altri concorrenti, a livello di sapore e odore, di colore e consistenza, ma anche a livello di stimolazione fisica e celebrale. Anche l’area di provenienza determina caratteristiche uniche ai pezzi di hashish. Non a caso molti dei fumi più popolari prendono nome proprio dai territori di provenienza.
Tra i più consumati abbiamo il fumo afgano, il fumo nepalese, il fumo indiano e il fumo del Marocco. E poi c’è il kashmiri, l’olandese, il pakistano, il libanese, il turco e il manali dell’Himalaya, solo per citare le varietà principali.
Il fumo afgano è noto per essere uno dei più pregiati e ricercati tipi di hashish al mondoe da come si deduce dal nome, proviene dall’Afghanistan e precisamente dalla regione dell’Hindu Kush, famosa per la sua cannabis di alta qualità, da cui viene estratto l’hashish.
All’esterno è di colore scuro, ma il cuore è verdastro. Alla vista esprime un tono smaltato, quasi lucido-smaltato (causato dalla lavorazione a mano); al naso dà un odore forte, quasi piccante che si riscontra anche al gusto. Al tatto la consistenza è morbida e malleabile, lo si lavora a mano molto facilmente. L’hashish afgano è uno dei tipi di fumo più noti grazie al suo elevato contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) che conferisce l’effetto psicoattivo. Questo lo rende particolarmente potente rispetto ad altre forme di hashish; ha infatti un effetto psicotropo molto forte, che causa una stonatura fisica e mentale pesante, quasi narcotica.
Come il fumo afgano, il fumo nelapese alla vista è di colore nero scuro ma l’interno rivela un contrasto cromatico più chiaro, sul marrone. Il terreno e le condizioni di crescita unici delle piante di cannabis in Nepal conferiscono loro profili di terpeni distinti, che contribuiscono a aromi e sapori unici. Anche il fumo nepalese ha un odore forte, quasi piccante, e le proprietà psicotrope sono molto forti (11-15% di THC). Le conseguenze sono quelle di una forte stonatura psico-fisica. Il pezzo di fumo nepalese può avere diverse consistenze che vanno dal solido e compatto al più morbido e appiccicoso. La consistenza può dipendere dal metodo di produzione e dalla regione in cui viene prodotto.
In India si produce e si fuma il cosiddetto Charas. Si produce per sfregamento della resina delle infiorescenze femminili da cui si produce una palla dal colore marrone-ambrato. Il prodotto finale derivare sia da piante coltivate (Charas prende il nome di “Baghija”) o da piante selvatiche (“Jungla”). La consistenza del fumo indiano resta granulosa e la sua potenza è superiore anche dell’hashish nepalese (THC dal 10 al 25%). È quasi irreperibilità in Europa.
Il Fumo Ketama è uno dei tipi di hashish più comuni in Europa. Ha una quantità di THC più basso rispetto alle varietà precedenti e genera un reazione attiva a livello celebrale. Non a caso anche l’odore e il sapore del Ketama esprimono dolcezza e non il piccante tipico dell’hashish. Il colore è sul marrone-verde, abbinamento cromatico dovuto dalla freschezza delle infiorescenze di Cannabis da cui viene prodotta e che crescono nel nord del Paese, nella provincia di Ketama.
Si produce a partire dalla qualità di piante nella regione del Kashmir, in India, dove il fumo viene preparato con la lavorazione a mano. Di colore nero esternamente, è verdastro-marrone internamente. Ha una consistenza tendente al coriaceo, per questo spesso viene aggiustato con oli naturali che servono per ammorbidirne la struttura. Al consumo, l’effetto psico-fisco è forte dato che si tratta di un fumo che supera tranquillamente il 10% i livelli di THC. È una tipologia di hashish difficile da trovare in Europa.
Quasi impossibile da trovare al di fuori dei Paesi Bassi. La qualità del prodotto però è altissima. Il fumo olandese è figlio dei cristalli delle piante di canapa coltivate nel Pese dei tulipani. L’odore e il sapore esprimono varie fragranze e richiamano le tipologie di cannabis da cui deriva. Anche il colore del pezzo di fumo è molto particolare ed eterogeneo: una sorta di verde-oro, con varie sfumatura cromatiche, che già alla vista mette in mostra la granulosità del prodotto. Al tatto è morbidissimo e malleabile. Il THC può raggiungere anche picchi del 59-60% e gli effetti di questo hashish dopo l’assunzione sono psicotropi molto forti.
Discendente delle resina della Canapa Sativa indiana, estratta dai tricomi, il pakistano è per cromie, profumi e metodo di preparazione simile al charas indiano. Entrambe le tipologie si presentano in una forma dalla consistenza facilmente manipolabile. L’hashish pakistano è noto per essere molto potente. Le concentrazioni di principi attivi, come il tetraidrocannabinolo (THC), possono essere elevate, il che lo rende un prodotto molto desiderato da coloro che cercano un forte effetto psicoattivo; il THC può infatti arrivare a una concentrazione del 15%. Il prodotto ha un sapore deciso e allo stesso tempo dolce che ne equilibra il sentore. La preparazione prevede prima un lavaggio delle infiorescenze appena raccolte, che poi vengono passate fra le mani lasciando depositare su di esse vari strati di hashish. Una volta ottenuta abbastanza patina sulle mani, tanto da farle diventare di un colore argenteo-ferroso, si prende la patina e le si dà la forma voluta, solitamente sferica. Il fumo pakistano è uno dei tipi di fumo che è stato storicamente esportato in molte parti del mondo, anche se questo ha spesso reso il Pakistan un punto di preoccupazione per le autorità che cercano di controllare il traffico di stupefacenti.
La Valle di Bekaa, è la miniera d’oro dei produttori dell’hashish libanese. È uno dei tipi di hashish più diffusi al mondo. Anche se in Libano è vietato fumare hashish. Esistono due varianti del prodotto: quella gialla e quella rossa. Entrambe hanno la caratteristica di avere consistenza friabile e appaiono granulosi alla vista e al tatto. In realtà le differenze tra il pezzo di fumo giallo e rosso sono minime: cambia semplicemente il periodo di esiccatura e il colore, ma tradizione vuole che il rosso sia considerato il fumo più pregiata. A livello di sensi il fumo libanese esprime un aroma molto speziato e gli effetti di questo hashish provocati a livello celebrale sono positivi, soprattutto il giallo produce un effetto “high” molto importante fungendo da ansiolitico per mente e corpo. Il THC può variare dal 1,0% fino al 18%.
Dal colore verdognolo tendente al marrone, è una tipologia di hashish simile a quella del Marocco. Anche la lavorazione attraverso il metodo della setacciatura delle infiorescenze e poi della pressatura della resina estratta, è la stessa utilizzata in Marocco. L’odore è forte e speziato e contrasta con il sapore che esprime note morbidi e dolci. Al gusto è piuttosto delicato. Non a caso anche la concentrazione di THC è limitata rispetto alle altre varietà (dal 3,5% al 9)
Tipica dell’India, della regione dell’Himalaya, viene prodotta a mano mediante sfregamento delle infiorescenze femminili. Il colore è scuro, nero con note verdastre, intenso e smaltato. L’odore è fragrante e dolce, ricorda quello dell’erba legale. Al tatto la consistenza è morbidissima ma invecchiando assume un che di granuloso e la sua struttura di indurisce a causa dell’ossidazione. Il gusto è piacevole, dolce e le leggermente pungente, in contrasto con l’odore del tutto aromatico e privo di note aspre. È rara da trovare in Europa. Quando c’è è già invecchiata e, quindi, la qualità è scadente.
Abbiamo visto vari tipi di hashish come si fa ad individuare un fumo buono (di alta qualità) da un fumo scadente?
È piuttosto semplice: in prima battuta si può giudicare osservando il colore (l’hashish deve possedere un bel marrone “vivo”, oppure un giallognolo dato da una grana sabbiosa e poco regolare dovuta alla setacciatura). In un secondo momento si può testare la qualità del fumo col “classico” test delle bolle: ovvero si surriscalda il pezzo di fumo, se “sfrigola” significa che il prodotto è di alta qualità; se ciò non si verifica vuol dire che l’hashish è stato tagliato con additivi e altre sostanza chimiche.
Gli effetti dell’hashish sono gli stessi della cannabis essendo un derivato della pianta. È importante differenziare tra hashish illegale, con elevate quantità di THC, che provoca, tra gli effetti collaterali, ansia, paranoia, alterazione delle percezioni e dello stato mentale, e hashish legale, che non ha conseguenze psicotrope essendo il THC entro i limiti imposti dalla legge italiana (inferiore allo 0,6%). L’hashish condivide con le infiorescenze della cannabis gli effetti collaterali ma anche gli effetti benefici.
L’assunzione di cannabinoidi, hashish compresi, riduce l’intensità del dolore, delle infiammazione e dei dolori neuropatici e tumorali; agisce positivamente sull’apparato digerente (migliora l’appetito, riduce nausea e vomito); dilata i vasi sanguigni migliorando il flusso del sangue, migliora e protegge l’osteoporosi.
L’hashish ha una storia millenaria, fatte di luci e ombre. La sua illegalità è conseguente allo sviluppo capitalistico del mercato, in particolare quello farmaceutico e agroindustriale. Oggi fare hashish è tornato legale, seppur nel rispetto di certe leggi e permessi in fase di lavorazione. La lavorazione dell’hashish per chi la produce legalmente deve tenere in considerazione tutta la legislazione che riguarda i prodotti derivati dalla pianta della cannabis. Questo però non è un ostacolo, in parte, alla produzione di qualità delle varie tipologie di hashish che, come abbiamo appreso leggendo questo articolo, ha anche degli effetti benefici.
In commercio da Giugno 2021, Pablito Lemon Hash è il primo Hashish Legale prodotto da Everweed.
Hashish legale ottenuto dalla lavorazione di due varietà di Cannabis , una con un alto contenuto di cbg, l’altra caratterizzata da un inconfondibile aroma agrumato di limone. Ne risulta un prodotto dal profumo intenso e penetrante ed il sapore corposo soddisferà sicuramente gli amanti di hashish e resine di cannabis.
Pablito Lemon Hash di Everweed è disponibile da 2.5 e 5 grammi.
4 Comments
Molto apprezzata l’idea di sottolineare anche il valore storico e benefico di questi prodotti, e il loro variegato utilizzo, che spesso invece vengono descritti solo in maniera superficiale e negativa.
Ottimo articolo complimenti
wowwwww interessante!!!!
Complimenti, articolo molto completo!