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ToggleCome molti potrebbero credere non è una cosa che è esistita da sempre ma si tratta di un potere giurisdizionale che ha meno di cento anni di vita.
Strana parabola per la pianta originata nell’Himalaya, se si pensa che l’America, nel 1611, in Jamestown Colony nello Stato del Virginia, promulgò la prima legge a favore della cannabis, la quale non proibiva ma anzi esortava gli agricoltori a coltivare la pianta. Nei 200 anni successivi molte altre leggi simili sarebbero sopraggiunte per ritorcersi contro, all’improvviso, a partitre dal ventesimo secolo, spacciandola come pianta demoniaca.
È utile ricordare, attraverso un breve riassunto storico, le tappe che hanno portato la canapa a essere una pianta bandita a causa del proibizionismo, dopo secoli in cui era stata coltivata, commercializzata e sfruttata da tanti paesi nel mondo con scopi diversi, mercantili e ricreativi, tra cui anche l’Italia.
“Negli Stati Uniti d’America ci sono 100mila fumatori di marijuana. La maggior parte di loro sono negri, ispanici, filippini e artisti. La loro musica satanica, il jazz, lo swing, sono il risultato dell’uso di marijuana. La marijuana provoca nelle donne bianche il desiderio di intrattenere rapporti sessuali con negri, artisti e altri. […] la prima ragione per mettere la marijuana fuori legge è il suo effetto sulle razze degenerate. La marijuana è una droga che provoca assuefazione e produce negli utilizzatori insanità, criminalità e morte. La marijuana porta al lavaggio del cervello pacifista e comunista. Gli spinelli inducono i negri a pensare che sono come gli uomini bianchi. Fuma uno spinello e probabilmente ucciderai tuo fratello. La marijuana è la droga che più ha causato violenza nella storia dell’uomo.”
Ilarità. Gretta ignoranza. Un video postato su istagram da Welcome to favelas. Ecco dove ci riporta il discorso appena citato. E invece? Invece pochi sanno che queste parole sono un breve estratto del discorso originale (e ufficiale) di Harry J. Aslinger, direttore del Federal Bureau of Narcotics degli USA che, nel 1937, sostenne e giustificò così il Marijuana Tax Act.
Il Marijuana Tax Act, per chi non lo sapesse, è l’inizio della fine per la coltivazione della canapa sottoscritto dal presidente americano Roosevelt e da lì a pochi anni esteso a numerosi altri paesi del mondo.
L’atto impediva la coltivazione di qualsiasi tipo di canapa, anche a livello medicamentale.
Le prime restrizioni sulla produzione e l’uitlizzo della cannabis compaiono negli USA a partire dal 1906. Fino al diciannovesimo secolo erano persino popolari gli hashish bar in stile orientale che si trovanano in diversi Stati americani. Anche nel vicino Messico il consumo di cannabis a scopo ricreativo era diventata un’abitudine quotidiana e simbolo della cultura popolare.
Così a inizio del ventisimo secolo, quando i messicani iniziarono a recarsi in USA per lavorare come manodopera a basso costo, creando non poche tensioni socioeconomiche, Harry J. Anslinger lanciò la sua campagna per criminalizzarli attraverso il consumo della marijuana. Da lì a diventare il simbolo della demonizzazione dell’imigrazione messicana e a proibirne il consumo, il passo fu breve e piuttosto rapido.
A partire dal 1913 la California fu il primo degli Stati americani a dichiare illegale la produzione, la vendita e il consumo ricreativo della cannabis. Se si sia trattato di un caso o di una contingenza che proprio alla California (Stato confinante con il Messico) spetti il primato di aver messo al bando la colitivazione della canapa lo lasciamo decidere a voi. Se foste interessati, vi inviatiamo a leggere gli articoli dei dottori e ricercatori Malik Burnett e Amanda Reiman su Drug Policy Alliance, che propongono diverse riflessioni su come l’immigrazione messicana abbia influenzato il proibizionismo della cannabis negli Stati Uniti, e di conseguenza, nella maggior parte dei Paesi al mondo.
Stesso processo, sostengono i due studiosi Burnett e Reiman, è avvenuto in Australia (tra il 1912 e il 1925), inducendo alla creazione della prima Convenzione Internazionale per il controllo della droga e in particolar modo del commercio dell’Oppio, portato dall’immigrazione cinese nello Stato dell’Oceania. Nel trattato, redatto a Ginevra e datato 1925, l’Egitto, la Cina e gli Stati Uniti aggiungerso al divieto dell’oppio quello dell’hashish. A partire da quel momento, elargire tale divieto al commercio della cannabis fu solo questione di tempo. L’India, esportatrice primaria di canapa indiana, si oppose cercando una mediazione ma le grandi potenze mondiali non diedero troppo peso alle richieste del paese del fiume Indo.
E, dopo il Marijuana Tax Act del 1937 che, dal punto di vista politico e amministrativo, “limitava” il divieto agli USA, arrivò la fatidica Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961: ovvero il primo trattato internazionale a vietare anche la produzione e il consumo di cannabis. Il trattato, firmato a New York, non solo rese illegale l’uso ricreativo di tutto ciò che derivava dalla canapa, ma creò anche fortissime limitazioni sulla produzione della canapa per la ricerca medica dei farmaci oppioidi.
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1 Comment
[…] Tolto di mezzo il capitolo napoleonico il commercio e il consumo di hashish resta legale in tutta Europa fino al 1894. Da lì in poi la storia dell’hashish subisce un decisivo sconvolgimento: l’avanzare dell’industria farmaceutica e dell’Occidente capitalista demonizzano la cannabis come prodotto medicinale e palliativo, rendendo la pianta illegale e, di conseguenza, anche il consumo di hashish diventa vietato in quanto prodotto derivato. (Per saperne di più sulla storia del proibizionismo della Cannabis leggi il nostro articolo sul Proibizionismo della Cannabis.) […]